Come è noto gli italiani, nel corso dei secoli, hanno sempre dimostrato una spiccata capacità di inventare sistemi politici e formule di governo. In alcuni casi si è trattato di esperienze incentrate su un sincero amore per la libertà; altre invece si sono caratterizzate per una spiccata servitù volontaria verso padroni indigeni o stranieri.
In questo contesto, nel bene e nel male, il Mezzogiorno e la Puglia sono sempre stati utilizzati come laboratorio per costruire le fortune politiche di qualche leader. Quella del laboratorio è infatti una categoria politica che, in realtà, nasconde un progetto coloniale, perché si nutre di patti più o meno segreti fra pochi intimi con l’obiettivo di declassare il cittadino a suddito.
A partire dalle elezioni del 4 Marzo 2018 l’ Italia viene utilizzata come laboratorio di un governo gialloverde di destra, razzista e xenofoba, che, sul piano internazionale, la sta isolando dal resto del mondo; sul piano economico, la sta sprofondando nella recessione e, sul piano dei diritti civili, la sta facendo regredire al Medio Evo. Si tratta di una anomalia, unico caso in Europa, gestita dalla Lega, partito del Nord che a poco a poco sta oscurando i 5 Stelle, movimento del Sud.
Ancora una volta anche la Puglia, sotto la regia dell’attuale presidente della Regione Michele Emiliano, viene utilizzata come laboratorio per sperimentare una nuova formula di governo incentrata sul “civismo”. Di cosa si tratta? Di fronte agli errori, alle divisioni ed alla conseguente crisi che ha investito la sinistra, Emiliano, invece di puntare ad una sua riforma ed autorigenerazione, è il promotore di un nuovo contenitore politico con le seguenti caratteristiche: inclusivo, dai fascisti ai gruppettari, amichevole verso la destra illiberale, possibilista verso i 5 Stelle e promotore e sostenitore di liste civiche in contrapposizione al centrosinistra. Anche in questo caso siamo in presenza di una anomalia, unico caso in Italia, portata avanti da un ex Segretario regionale del Pd che punta ad aggregare spezzoni di ceto politico da utilizzare alle elezioni, in contrapposizione alle liste dello stesso Pd.
Questo anomalo tentativo, in corso di sperimentazione in diversi comuni della nostra regione, al momento, ha diversi fedeli seguaci ma anche tanti fieri oppositori. Fra i primi va sicuramente annoverato chi, dopo aver fatto il consigliere comunale, provinciale, regionale, il deputato e ora si candida a fare il sindaco di Mesagne, si presenta come il rappresentante della società civile ed il fustigatore della casta, senza accorgersi di scadere nel ridicolo.
In questo contesto di anomalie va anche letta la triste pagina che è stata scritta domenica scorsa a Mesagne in occasione della presentazione del movimento Insintonia. Si è trattato di una messa in scena della post-democrazia nella quale più che sui contenuti si è puntato sulle emozioni e sull’empatia. Nel discorso introduttivo, infatti, c’era di tutto, mancava solo la politica. Dai 5 Stelle si è preso a prestito il tema dei vitalizi per seminare un po’ di antipolitica. Dalla Lega si è copiato il tema del razzismo verso gli altri comuni che, sebbene con i loro voti avevano nel passato contribuito alle varie elezioni, sono stati considerati di rango inferiore rispetto al “paese più bello del mondo”. Il piatto forte, tuttavia, è stato servito facendo man bassa dei luoghi comuni di berlusconiana memoria: il tempo sottratto alla famiglia, Mesagne è il paese che amo, l’elettore ha sempre ragione, l’odioso trasformismo declassato a minestrone appetibile, il fascismo recuperato come contributo al bene del paese ecc. In sostanza, anche in questo caso siamo in presenza di una anomalia perché, in assenza di un pensiero lungo, l’orizzonte temporale indicato è infatti quello dei prossimi cinque anni, l’unico messaggio lanciato al paese è quello di fare affidamento sulle capacità salvifiche di un uomo solo al comando, tipico di una mentalità autoritaria.
Per evitare che anche Mesagne, come l’Italia e la Puglia sia annoverata tra le anomalie politiche del nostro tempo, è necessario reagire politicamente e culturalmente contro chi, attraverso l’addomesticamento delle coscienze, vuole trasformare la nostra città in un feudo personale.
Per questo ho deciso di schierarmi con il centrosinistra guidato da Rosanna Saracino e Alessandro Denitto. Si tratta, infatti, di un progetto politico che, coniugando società politica e società civile, si colloca nel solco di uno schieramento nazionale ed europeo, perché ha una funzione storica e una missione politica da svolgere: proporsi come alternativa alla destra. Personalmente ho vissuto la sinistra per appartenenza, per convinzione e per passione e non sono pentito. La sinistra è Noi non Io; la sinistra è lealtà, coerenza non doppiogiochismo; la sinistra serve per liberare l’uomo dalle paure e dalle soggezioni non per cavalcarle; la sinistra unisce non divide, esprime ragioni non vende illusioni; ha un senso solo se educa cittadini non cortigiani. La sinistra è, in sostanza, una scelta morale, ancorata a valori e principi, non negoziabili pur di strappare una vittoria elettorale.
In presenza di una concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi e di milioni di persone sofferenti, disagiate, abbandonate e giustamente arrabbiate per i mille problemi quotidiani, bisogna prendere atto che le scorciatoie non fanno storia: durano una stagione e poi scompaiono. Solo la politica e un rinnovato centrosinistra, che faccia ammenda dei propri errori, può contrastare la destra e costruire #TuttaUnAltraStoria.
Michele Graduata
Mesagne, li 27 Marzo, 2019